Obesità infantile e crisi economica: un rapporto preoccupante

Sovrappeso, obesità e tenore socio-economico

Nei Paesi a più elevato tenore socio-economico i tassi di prevalenza di sovrappeso ed obesità sono in costante incremento, ed anche in età pediatrica è ormai allarme epidemia.

L’obesità infantile rappresenta un considerevole problema sia per le conseguenze dirette dell’eccesso di peso sulla salute fisica, psicologica e sociale dei bambini, sia in termini “prospettici” di salute e spesa pubblica.

Il rischio per i bambini obesi di esserlo anche da adulti è da 2 a 6 volte superiore rispetto a quelli normopeso e, come ampiamente documentato, patologie cardiovascolari – come ipertensione, malattie coronariche – e condizioni di alterato metabolismo – come il diabete di tipo 2 e l’ipercolesterolemia – sono fortemente correlate all’eccesso di peso.


La situazione in Italia

In Italia la prevalenza di sovrappeso e obesità in età pediatrica è la più elevata d’Europa.

Secondo i dati del Ministero della Salute attualmente, nel nostro paese, più di 1 bambino su 3 ha un peso superiore a quello corretto per la sua età.

Secondo le stime del sistema di sorveglianza OKkio alla SALUTE, i bambini tra i 6 e gli 11 anni con problemi di eccesso ponderale sarebbero circa 1.100.000.

In particolare il 24% dei bambini italiani risulta in sovrappeso ed il tasso di obesità ha raggiunto ormai il 12%.

Nonostante ci siano prove consistenti a sostegno della predisposizione genetica all’obesità – dato che emerge ad esempio dallo studio dei ricercatori del Department of Nutrition and Epidemiology della Harvard School of Public Health pubblicato lo scorso settembre su NEJM – il ruolo dei fattori ambientali nello sviluppo di sovrappeso è sicuramente preponderante.

In particolar modo nei bambini, le abitudini alimentari della famiglia; lo stile di vita; l’influenza esercitata dai media; il grado di educazione alimentare e, non da ultimo, lo status socio-economico sono i fattori che maggiormente condizionano la quantità e la qualità dell’apporto nutrizionale e le scelte alimentari.

Un indagine sulle abitudini nutrizionali

Dalle indagini nutrizionali effettuate, fra gli errori alimentari riscontrati con maggior frequenza nei bambini italiani emergono:

  • l’abitudine a non assumere la prima colazione (il 9% dei bambini la salta);
  • un elevato consumo di spuntini (il 68% fa una merenda troppo abbondante a metà mattina o nel pomeriggio);
  • un sempre più scarso consumo di frutta e verdura;
  • un crescente consumo di bevande e succhi di frutta dolcificati (questi ultimi rappresentano un’abitudine quotidiana per il 48% dei bambini).

Fonte di notevole preoccupazione è inoltre l’elevato consumo di  “junk-food“, (il cosiddetto ‘cibo spazzatura’) e di alimenti ricchi di grassi saturi sia di provenienza animale (ad es. il burro) che di provenienza vegetale (ad es. l’olio di palma e di cocco), rispetto all’utilizzo di grassi vegetali – di qualità ottimale – ricchi di grassi insaturi e polinsalturi (ad es. l’olio extravergine di oliva).

Queste nuove abitudini alimentari, ritenute scorrette dagli esperti, negli ultimi anni risultano in netto incremento e, verosimilmente, sono in parte causate dalla ridotta capacità di spesa, un problema che oggi affligge il 61% delle famiglie italiane.

Secondo il Rapporto Consumi 2012 dell’Ufficio Studi Confcommercio, la minor disponibilità economica sembra far privilegiare l’acquisto di cibi a basso costo a scapito della qualità, della varietà e del valore nutrizionale degli stessi.

Nel contesto del calo generalizzato degli acquisti infatti, oltre ai prodotti non di primaria necessità che hanno subito un rialzo dei prezzi, i maggiori risparmi sono stati rilevati nell’acquisto di latte (-7%); di olio (-5%); di pane fresco (-3.4%); di pesce (-2,1%); di frutta (-1,5%) e di carne (-0.4%), mentre i consumi di pasta (+1.1%) e uova (+0.4%) sono in aumento.

Stiamo quindi assistendo ad un pericolosa deviazione dall’equilibrata e tanto invidiata dieta mediterranea, verso abitudini alimentari senza dubbio meno salutari.
Innanzitutto, questi cibi a basso costo hanno spesso un elevato contenuto ingrassi, oppure contengono zuccheri semplici in eccesso che alterano il metabolismo glucidico e l’omeostasi insulinica, condizionando un precoce senso di fame al termine del pasto.

Negli Stati Uniti, inoltre, è già stato lanciato l’allarme sulla dipendenza – simile a quella da nicotina – che l’assunzione di  hamburger; patatine fritte; merendine e snacks sembrerebbe creare.

Un dato di dipendenza è emerso dai risultati di una ricerca condotta dall’Istituto Scripps a Jupiter in Florida, dove sui ratti è stato osservato che un’alimentazione scorretta creava vere e proprie crisi di astinenza.

In età pediatrica scorrette abitudini alimentari, spesso si associano anche ad una riduzione dell’attività fisica.

Lo squilibrio fra l’apporto energetico e il consumo energetico si traduce così in accumulo di tessuto adiposo, soprattutto viscerale, ed eccesso ponderale.


Come comportarsi

Gli interventi educativi e le iniziative finalizzate alla promozione di una corretta alimentazione, fin dai primi anni di vita, sono assolutamente necessari al fine di crescere i bambini secondo un corretto regime alimentare e prevenire quindi l’obesità infantile.

Un’alimentazione scorretta nei primi due anni di vita, oltre a causare un’ipertrofia (cioè un aumento di volume) delle cellule adipose, ne determina anche l’iperplasia (cioè un aumento del loro numero).

Nelle età successive e da adulti, pertanto, si avrà una maggiore predisposizione all’obesità e una difficoltà a ridurre il peso corporeo o a mantenerlo nei limiti, perché sarà possibile ridurre le dimensioni delle cellule, ma non il loro numero.

La pratica regolare e continuativa di attività fisica aerobica rimane il miglior strumento sia correttivo che preventivo per sovrappeso e obesità infantile. Molto però si può, e si deve, fare anche sul piano della corretta alimentazione: iniziando da alcune accortezze nella scelta degli alimenti in base alle loro caratteristiche nutrizionali, se necessario sostituendone alcuni con altri più economici ma sempre facendo attenzione a rimanere all’interno della stessa tipologia di alimento, come suggerito dagli esperti dell’Osservatorio Nazionale.

Alcuni esempi:

  • utilizzare i legumi come secondo piatto 3-4 volte alla settimana, essi possono essere associati ai cereali formando così un “piatto unico” (ad es. pasta e fagioli, riso e piselli);
  • utilizzare il pesce surgelato in alternativa al  pesce fresco nel caso si sia impossibilitati a farne uso, che è da preferire a quello in scatola per il minor contenuto in sale ed assenza di oli di conservazione;
  • se ci sono difficoltà ad acquistare verdure fresche, si possono acquistate quelle surgelate, anche in confezioni miste;
  • per gli affettati meglio preferire prosciutto crudo o cotto e bresaola, indipendentemente dalla stagionatura;
  • privilegiare frutta di stagione matura, alternandone la qualità e il colore, ricordando che la pezzatura non modifica sostanzialmente la quantità di nutrienti.

Infine, un prezioso consiglio a “costo-zero” è quello di favorire il più possibile l’allattamento al seno.

L’allattamento materno, infatti, riduce il rischio di obesità in età scolare del 16-18%, rispetto all’allattamento artificiale.

In mancanza di latte materno, ricorrere a latte formulato ad apporto proteico ridotto e introdurre il latte vaccino dopo l’anno, o ancora meglio dopo il secondo anno d’età.

 

A cura del Prof. Gianvincenzo Zuccotti

Direttore Dipartimento Materno-Infantile Azienda

Ospedaliera Luigi Sacco

Università dagli Studi di Milano

Comitato Scientifico

Fondazione Istituto Danone

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