Più di venti miliardi di organismi, ossia circa 700 specie diverse, popolano il cavo orale, un ambiente unico dove alcune di queste specie sono solo di passaggio, altre ne colonizzano le superfici subito dopo la nascita formando vere e proprie comunità organizzate e cooperanti chiamate biofilm.
L’interpretazione tradizionale vuole che le specie che costituiscono questi biofilm vivano in equilibrio con l’ospite (l’uomo) secondo le regole del commensalismo: una convivenza tutta a vantaggio dei microrganismi che approfitterebbero dell’ospitalità dell’uomo, senza arrecargli alcun danno né tantomeno alcun beneficio. Un’interpretazione questa che non convince del tutto e sulla quale si indaga molto; ad esempio, gli studiosi statunitensi Kumar P.S. e Mason M. hanno da poco esaminato i dati disponibili in letteratura per approfondire gli effetti del complesso ecosistema microbico orale sulla salute dell’uomo.
A seguire, alcuni punti della loro valutazione.
È risaputo che le comunità microbiche umane variano notevolmente da habitat ad habitat: il microbioma orale è diverso da quello dell’intestino, dell’orecchio e del nasofaringe nonostante il cavo orale sia direttamente collegato ad essi attraverso l’esofago, le tube di Eustachio e le fauci, rispettivamente.
Ma anche all’interno dello stesso cavo orale esistono differenze: le caratteristiche del biofilm sopragengivale sono molto diverse da quelle del biofilm subgengivale, così come il biofilm della mucosa o della lingua non è uguale a quello dei denti. Per citare alcuni esempi, Streptococcus mitis, S. pneumoniae e Granulicatella adiacens sono presenti principalmente sui denti e sulla mucosa; Rothia dentocariosa, Actinomyces spp., S. sanguinis, S. gordonii e Abiotrophia defectiva preferiscono colonizzare i denti e la Simonsiella muelleri solo il palato duro. Per non parlare del fatto che la composizione batterica cambia anche all’interno dello stesso ambiente (sopragengivale o subgengivale) in base alla posizione dei denti.
La colonizzazione habitat-specifica è comunque ampiamente dimostrata dalla letteratura, ma molto rimane da conoscere sulle implicazioni che può avere sulla salute orale. L’approfondimento di questo fenomeno probabilmente in futuro darà modo di comprendere il ruolo di distinte comunità batteriche sull’eziologia di patologie sito specifiche come la carie e le malattie parodontali.
Resistenza alla colonizzazione dei patogeni
Uno dei più importanti benefici che una comunità microbica residente può offrire all’ospite è la difesa da specie batteriche esogene. La ricerca ha ampiamente dimostrato il ruolo protettivo svolto dal microbioma intestinale, respiratorio, urinario e vaginale: basti pensare alla colonizzazione di specie patogene che si verifica a causa della perdita della popolazione microbica residente dopo terapia antibiotica e alla possibilità di ripristinare uno stato di benessere grazie all’uso di probiotici.
Per quanto riguarda il microbioma orale, si ipotizza che esso possa mantenere il cavo orale in salute prevenendo l’espansione di patogeni (comunque già presenti nell’ambiente) piuttosto che impedendone l’invasione. Attraverso le interazioni strutturali, metaboliche e chimiche che si innescano tra i batteri stessi viene infatti mantenuto equilibrio e stabilità nella comunità microbica residente a favore delle specie batteriche non patogene.
In letteratura emergono evidenze interessanti sulla capacità che avrebbe il microbiota nell’educare il sistema immunitario umano, ad esempio, consentendogli di riconoscere i patogeni oppure stimolando in modo diretto diversi componenti della risposta immunitaria innata e adattativa.
Il ruolo del microbiota residente orale sul sistema immunitario non è noto come quello svolto da altre comunità microbiche in altri ecosistemi umani, ma oggi è possibile affermare, ad esempio, che i batteri nella cavità orale up-regolano in modo selettivo l’espressione della citochina CXCL2 determinando l’aumento dei neutrofili che “preparano” il tessuto gengivale sano. Inoltre, è stato scoperto un coinvolgimento di alcuni batteri nella preparazione delle cellule dendritiche al differenziamento in linfociti Th2 e Treg. Altri studi suggeriscono che il microbiota orale potrebbe giocare un ruolo critico nell’omeostasi dell’ossido nitrico (NO) attraverso la riduzione del nitrato introdotto con la dieta in NO, attività di notevole interesse se si considera che nell’uomo manca un enzima che svolga questa funzione e considerando gli effetti del NO nel mantenimento dell’integrità cardiovascolare.
A quale conclusione, quindi, sono giunti gli autori?
Negli ultimi decenni la ricerca sul microbiota orale si è focalizzata sul ruolo che esso riveste nelle patologie orali, più che sui possibili benefici per la salute umana (come invece è stato fatto per i batteri che risiedono nell’intestino, nel tratto genito-urinario e nel sistema respiratorio). Ricordando che è possibile prevenire le patologie anche mantenendo una buona condizione di salute, Kumar & Mason hanno sottolineato quindi l’importanza di esplorare l’ecosistema orale e di indagare sui possibili benefici che scaturirebbero dalla presenza di microrganismi nel cavo orale.
Board
Fondazione Istituto Danone
Fonte:
Kumar SP & Mason MR. Front Cell Infect Microbiol 2015; 5 (35): 1-9 – PubMed.