Tuttavia, la grande variabilità intra e interindividuale del microbiota rende questo tipo di studi piuttosto complesso. L’attenzione dei ricercatori si sta concentrando quindi sull’individuazione del cosidetto “core” batterico, che costituisce la parte immutabile del microbiota. Inoltre, un interessante ambito d’indagine è lo studio del microbioma, ovvero il patrimonio genetico complessivo del microbiota, che ne definisce la funzionalità meglio del semplice censimento/conta delle specie batteriche presenti.
Il microbiota contribuisce al benessere e alla salute non solo dell’intestino, ma di tutto l’organismo, esercitando diverse funzioni, alcune delle quali evidenziate solo di recente.
Alcuni aspetti sono noti da tempo, anche al grande pubblico. Per esempio, si sa che un microbiota “sano” può contribuire a ridurre il rischio di infezioni intestinali batteriche e virali. Oppure è noto che il microbiota ha un ruolo chiave nell’alimentazione umana, poiché permette l’assorbimento di importanti micronutrienti (vitamine) e consente di estrarre dal cibo una quota energetica altrimenti inassimilabile.
Man mano che la ricerca si fa più approfondita, però, si scoprono altri aspetti della relazione organismo-microbiota, alcuni dei quali decisamente sorprendenti.
La ricerca di una relazione causale tra alterazioni del microbiota e patologie umane è complicata dal fatto che esiste una grande variabilità nella composizione della flora batterica intestinale: ci sono differenze tra individuo e individuo, e variazioni nell’ambito della stessa persona, anche giorno dopo giorno. A modificare il microbiota concorrono numerosi fattori, quali abitudini alimentari, uso di farmaci, infezioni gastrointestinali, ma anche condizioni psicologiche.
È importante, quindi, studiare quella parte di microbiota che appare immutabile nel tempo: uno “zoccolo duro” che riveste un’importanza cruciale. A oggi poco si sa della composizione di questo nucleo centrale. I ricercatori hanno ipotizzato che possano esistere almeno tre “enterotipi”, cioè tre tipologie di composizione del microbiota intestinale. Ciascuna di esse potrebbe essere legata in modo particolare a patologie o a condizioni differenti.
A complicare ulteriormente lo studio del microbiota c’è il fatto che per comprenderne il ruolo non è sufficiente censirne specie e popolazioni, ma occorre effettuare una più approfondita mappatura genetica.
In altre parole, occorre studiare il microbioma, ovvero l’insieme di geni batterici presenti nell’intestino. Tale genoma complessivo non è definito dalle specie batteriche presenti, poiché nel corso dell’evoluzione i batteri intestinali si sono ampiamente scambiati frammenti del patrimonio genetico. Il microbioma, quindi, è definito dai geni metabolici batterici presenti nell’intestino in un dato istante, più che dalle specie presenti. Infatti, oggi la ricerca sul microbioma si basa su piattaforme bioinformatiche, in grado tra l’altro di valutare i geni di origine batterica e distinguerli dal DNA dell’ospite. Il futuro ci prospetta l’introduzione di tecnologie informatiche ancora più avanzate, costituite da software capaci di apprendere, basate su piattaforme cloud, in grado di aiutare il ricercatore a comprendere meglio l’enorme complessità del quadro batterico.
Il mondo scientifico sta dedicando un’attenzione mai avuta prima al ruolo dei batteri intestinali nel benessere e nella salute. Gli articoli pubblicati sull’argomeno si susseguono sempre più numerosi. Diversi gruppi di ricerca stanno cercando di comprendere, per esempio, l’impatto del microbioma intestinale sullo sviluppo delle malattie infiammatorie croniche dell’intestino, come la colite ulcerosa o la malattia di Crohn. Un vasto ambito di ricerca è il rapporto tra batteri intestinali e sistema immunitario; rapporti che vanno dall’aumento dell’attività macrofagica, fino all’aumento del titolo anticorpale a seguito di vaccinazione e contemporaneo consumo di probiotici. Particolarmente stimolante è il filone del cosidetto “gut-brain axis” (asse intestino-cervello) in cui si indaga sull’interrelazione tra psiche e microbiota. Alcuni ceppi probiotici, per esempio, sarebbero in grado di migliorare gli stati ansiosi, mentre, al contrario, stati psicologici patologici avrebbero un effetto negativo sull’intestino.
La comprensione dei complessi meccaniscmi attraverso i quali il microbiota influenza la salute dell’uomo è solo all’inizio. Si tratta però di un ambito di grande interesse, che ci regalerà di certo interessanti spunti per migliorare la salute di tutti.
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