Verso una dieta a basso indice glicemico

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Numerosi studi hanno messo in luce l’importanza di portare in tavola alimenti a basso indice e carico glicemico e oggi esistono numerosi strumenti per poter davvero scegliere un’alimentazione di questo tipo.

Dall’Italia all’Australia: gli elenchi non mancano

La Società Italiana di Diabetologia (SID) mette a disposizione sul suo sito internet elenchi nei quali viene riportato l’indice glicemico dei principali alimenti così come lo fanno alcune altre importanti società scientifiche ed enti di ricerca a livello mondiale.
Uno dei database più importanti è quello gestito dall’Università di Sidney, in Australia, che ha creato tra l’altro anche un sito web dedicato al pubblico nel quale è possibile recuperare informazioni utili per compiere scelte consapevoli nella vita di tutti i giorni per quanto riguarda il cibo e in particolare l’IG (http://www.glycemicindex.com).
Di seguito, solo a titolo di esempio, un elenco di cibi e il loro IG.

  • Glucosio: 100;
  • Patate bollite: 96;
  • Riso brillato: 89;
  • Banana: 70;
  • Spaghetti: 58;
  • Riso basmati: 58;
  • Fagioli: 37;
  • Biscotti d’avena: 45;
  • Lenticchie: 29;
  • Yogurt: 19.

Un occhio di riguardo meritano le cosiddette “bevande vegetali”, sempre più presenti sul mercato come sostituti del latte. Un’analisi recentemente pubblicata sulla rivista Plant Foods for Human Nutrition ha stabilito che rispetto al latte vaccino (IG=47) queste bevande hanno IG più elevati che vanno dal 64 del “latte” di mandorla fino al 100 di quello di riso. Da notare inoltre che le bevande vegetali, ad eccezione di quelle a base di soia, sono in genere molto povere in termini di vitamine rispetto al latte vaccino.

Cosa influenza l’indice glicemico?

Non basta conoscere l’indice glicemico di un alimento per capire quale sarà il suo reale effetto sul livello di glucosio nel sangue dopo il pasto. I numeri riportati nelle tabelle, seppur utili e definiti con procedure accurate, sono infatti solo indicativi dal momento che molti fattori possono influenzare la glicemia. Eccone alcuni riportati dagli esperti italiani di Sapermangiare.mobi e dalla Glycemic Index Foundation, supportata tra gli altri anche dalla già citata Università di Sidney.

Struttura chimica dei carboidrati. L’organismo metabolizza facilmente il glucosio (IG=100), ma fa più fatica a metabolizzare il fruttosio (IG=23). Lo zucchero da tavola classico, il saccarosio, è formato da glucosio + fruttosio e di conseguenza il suo IG è pari a 65: una via d mezzo tra quelli dei due zuccheri che lo compongono.

Grado di raffinazione/lavorazione dei carboidrati. In generale i carboidrati raffinati o lavorati hanno perso la maggior parte delle fibre e di altre sostanze che possono ridurne la conservazione (“la vita sullo scaffale” come si usa dire). Di conseguenza il carboidrato viene metabolizzato rapidamente in glucosio: più è raffinato, maggiore è il suo IG.

Metodo di cottura/preparazione. La pasta ha un indice glicemico tra 40 e 50. Una cottura al dente permette alla pasta di resistere agli enzimi digestivi e ne abbassa l’IG.

Presenza di fibre. Le fibre (nel carboidrato stesso o nello stomaco) proteggono il carboidrato dall’azione rapida degli enzimi digestivi o rallentano la digestione, rallentando anche la trasformazione dei carboidrati in glucosio.

Contenuto di grassi o di acidi. Maggiore è la quantità di grassi o acidi associati ai carboidrati, più lenta sarà la conversione degli zuccheri a glucosio e l’assorbimento a livello del circolo sanguigno. Di conseguenza usare aceto, limone, pane con lievito naturale contribuisce dunque a ridurre l’IG di un pasto.

Fonti:
1. Società Italiana di Diabetologia. http://www.siditalia.it
2. University of Sidney. Glycemic Index. http://www.glycemicindex.com
3. Jeske S, et al. Plant Foods Hum Nutr. 2017 Mar;72(1):26-33.
4. Glycemic Index Foundation. http://www.gisymbol.com
5. Sapermangiare.mobi. http://sapermangiare.mobi/

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