Svezzamento, perché l’essere umano inizia verso i sei mesi di vita

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Studio sull’uomo di Neanderthal conferma come tra il quinto e il sesto mese si comincia l’alimentazione mista. Per l’uomo moderno, a prescindere dal tipo di cultura e di società, l’introduzione nella dieta di cibo solido avviene attorno al sesto mese, quando il bambino inizia ad aver bisogno di un maggior apporto energetico.

Se ne discute molto, in questo periodo. Pur se il consiglio è spesso di andare avanti con un’alimentazione mista, che preveda anche il latte materno o in alternativa quello artificiale, si parla sempre più spesso di quale debba essere l’età ideale per lo svezzamento.

Su questo fronte, arriva ora uno studio di antropologia pubblicato sulla rivista Proceedings of National Academy of Sciences (PNAS) che mostra come fin dalla preistoria l’abitudine a superare il solo latte materno prendesse il via dopo i 5-6 mesi di vita del neonato. La scoperta deriva dal lavoro di un gruppo internazionale di ricerca guidato da studiosi dell’Università di Bologna che ha realizzato analisi geochimiche ed istologiche su tre denti da latte appartenuti a bambini di Neandertaal vissuti tra 70.000 e 45.000 anni fa nell’Italia nord-orientale.

I risultati hanno permesso di ricostruire il ritmo di crescita e i tempi di svezzamento dei neonati neandertaliani. In modo simile a quanto avviene negli alberi, infatti, il processo di crescita dei denti produce delle “linee di accrescimento” dalle quali è possibile ottenere informazioni attraverso tecniche di analisi istologica. Combinando queste informazioni con dati sulla composizione chimica ottenuti con la spettrometria di massa, gli studiosi sono riusciti a stabilire che i bambini a cui sono appartenuti i denti analizzati hanno iniziato a mangiare cibo solido tra i cinque e i sei mesi d’età.

“L’inizio dello svezzamento è collegato alla fisiologia dei neonati più che a fattori culturali”, dice Alessia Nava, del DANTE – Diet and ANcient TEchnology Laboratory al Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche e Maxillo Facciali della Sapienza, ora ricercatrice Marie Curie della University of Kent (Regno Unito) e co-prima autrice dello studio.

Per l’uomo moderno, infatti, a prescindere dal tipo di cultura e di società, l’introduzione nella dieta di cibo solido avviene attorno al sesto mese, quando il bambino inizia ad aver bisogno di un maggior apporto energetico: ora sappiano che la stessa tempistica valeva anche per i Neanderthal.

“I risultati di questo studio mostrano che i Neanderthal e l’Homo sapiens condividono una richiesta energetica simile nel corso della prima infanzia e un simile ritmo di crescita – spiega Stefano Benazzi, professore dell’Università di Bologna, tra i coordinatori dello studio.

Questi elementi suggeriscono che i neonati di Neanderthal dovevano avere un peso simile a quello dei nostri neonati: ciò indicherebbe anche una simile storia gestazionale, un simile processo di sviluppo nelle prime fasi di vita e forse anche un possibile intervallo tra le gravidanze più breve di quanto si è pensato finora.

La ricerca ha visto la partecipazione di studiosi, oltre che dell’Università di Bologna, di ricercatori dell’Università del Kent, della Goethe University di Francoforte, , dell’Università di Ferrara, dell’Università di Modena e Reggio Emilia, dell’Istituto di geologia ambientale e geoingegneria (IGAG) – CNR, del Centro Internazionale di Fisica Teorica “Abdus Salam”, dell’Università di Firenze, della Sapienza Università di Roma, del Natural History Museum of London (Regno Unito).

Quando e come iniziare lo svezzamento

È straordinario notare come l’evoluzione dei popoli e delle acquisizioni scientifiche siano spesso coincidenti con pratiche plurimillenarie che solo ora vengono alla luce. Il timing di introduzione di alimenti complementari al latte materno (non più divezzamento, per superare il contrasto etimologico del “togliere il vizio” di alimentarsi al seno) si basa su fattori legati alla maturazione neuromotoria ed anatomo-funzionale del bambino ed è tuttora legato alle aumentate richieste energetiche e proteiche, nonché di alcuni micronutrienti, quali ferro, zinco e vitamine A, D e gruppo B da parte dell’organismo in rapida crescita. Se il WHO raccomanda l’inizio di tale processo di complementazione intorno al sesto mese, è altrettanto vero che la complementazione di alimenti solidi vada personalizzata in base alle esigenze del singolo lattante, senza approcci rigidi o prescrittivi, ma seguendo la fisiologica maturazione e richiesta energetica del singolo bambino. La finestra temporale consigliata è comunque incredibilmente sovrapponibile a quella evidenziata dagli studi sull’uomo di Neanderthal, proprio tra il 4 mese compiuto ed il sesto mese compiuto. Le basi scientifiche che ci aiutano ad impostare l’alimentazione complementare, infine, non potranno comunque prescindere dal considerare le abitudini socio-culturali e familiari, la peculiarità dietetica della popolazione in oggetto e la disponibilità di determinati alimenti. Obiettivo dell’alimentazione complementare è quello, insieme al latte materno, di proseguirne gli effetti funzionali ed il ruolo epigenetico positivo, in particolare nella prevenzione di condizioni patologiche “non trasmissibili” nel breve e lungo termine.

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