Ciascuna persona mostra circa 3 milioni di variazioni genetiche nel DNA rispetto a chi gli sta accanto e la presenza di queste differenze è alla base delle risposte, a volte anche estremamente diverse, che gli individui mostrano di fronte a un determinato alimento o nutriente. L’affermazione vale naturalmente anche per latte e latticini, come dimostra un recente articolo pubblicato sulla rivista Nutrients, nel quale è stata effettuata una revisione degli studi ad oggi disponibili sulle associazioni tra assunzione di latte e derivati, caratteristiche genetiche e salute.
Anzi è proprio legato al latte uno degli esempi meglio noti di come le varianti genetiche influenzino le scelte alimentari dell’uomo e la sua salute: si tratta della variante nel gene della lattasi che garantisce la persistenza dell’enzima anche in età adulta, permettendo così di digerire lo zucchero del latte (lattosio) dopo l’infanzia. La presenza di tale variante ha influenzato nel corso dei secoli l’evoluzione dell’uomo e la sua capacità di consumare determinati cibi a base di latte, influenzando così anche il suo interesse nel colonizzare terre o allevare determinati animali. Dal punto di vista clinico, le varianti presenti nel gene della lattasi sono state analizzate anche in relazione a condizioni di salute diverse da quelle causate dall’intolleranza al lattosio.
Alcuni studi hanno dimostrato per esempio che la variante che determina la persistenza dell’enzima si associa in genere a un maggior consumo di latticini e a un maggiore indice di massa corporea. Più contraddittori sono invece i risultati degli studi sul legame tra genetica, latte e derivati e patologie come cancro o malattie cardiovascolari e ossee. Esistono per esempio dati a sostegno di un effetto protettivo del consumo di latte e latticini sul rischio di tumore del colon-retto e pare che tale beneficio dipenda sia dal tipo di prodotto consumato sia dalle varianti del gene per la lattasi. Come spiegano gli esperti, i risultati a volte contrastanti che emergono dagli studi dipendono dal fatto che, oltre alle varianti di uno o più geni, il rischio finale di sviluppare una patologia è legato anche a numerosi altri fattori come per esempio il genere o l’etnia di appartenenza.
Il lattosio non è l’unica componente del latte e derivati con un impatto importante sulla salute: molte altre molecole – dai grassi alle proteine, dalle vitamine agli ormoni – contribuiscono a determinare il ruolo di questi alimenti nella dieta e nella salute umana. Di conseguenza anche varianti presenti in geni diversi da quello della lattasi, possono determinare risposte differenti al consumo di latte e derivati in termini di salute. Per esempio nel latte sono presenti i grassi saturi, in dosi molto variabili a seconda del tipo di prodotto caseario (da <1% per il latte scremato a 50% per il burro), noti soprattutto per il loro impatto sulla salute cardiovascolare.
Numerosi studi sul tema hanno dimostrato che persone con mutazioni in particolari geni coinvolti nel metabolismo dei lipidi (APOA2 rs5082, PPARA rs135549, ABCG5 rs6720173, e altri ancora) potrebbero mostrare una sensibilità differente al consumo quotidiano di latte e derivati, anche in base allo specifico contenuto in grassi saturi. La presenza di alcune varianti genetiche nei recettori per la vitamina D (FokI, Cdx2, ApaI, BsmI, TaqI) interferisce con le modalità di assorbimento, trasporto e metabolizzazione della vitamina contenuta nei cibi che derivano dal latte (magari dopo “fortificazione”) influenzando di conseguenza anche molti aspetti della salute. Non è solo una questione di lattosio dunque, ma piuttosto una complessa rete di interazioni tra diverse varianti di molteplici geni a determinare le scelte alimentari legate al latte e l’impatto sulla salute dei prodotti che da esso derivano. Servono però ulteriori studi prima di poter raccomandare un consumo di latte e latticini specificamente disegnato sulle caratteristiche del DNA del singolo individuo.
Fonte:
Comerford KB, Pasin G. Nutrients. 2017 Jul 6;9(7). doi: 10.3390/nu9070710