Età pediatrica: una fase di grande crescita anche per il cervello

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Nel periodo compreso tra gli ultimi tre mesi di gravidanza e i due anni di vita lo sviluppo del cervello è particolarmente attivo e sensibile ai cambiamenti e agli stimoli esterni, anche quelli che arrivano dal piatto.

Quanto contano mamma e papà?

I primi anni di vita del bambino non rappresentano solo una fase di rapida crescita fisica: dall’ultimo trimestre di gravidanza e fino ai due anni circa anche il neurosviluppo raggiunge il suo picco. Le scelte nutrizionali che i genitori compiono per se stessi e per i propri figli in queste delicate fasi della vita hanno un ruolo di primo piano nello sviluppo delle capacità cognitive di bambini e ragazzi, tanto che sono spesso al centro dell’attenzione di studi clinici ad hoc.

Uno degli argomenti più dibattuti in questo campo è l’impatto della dieta materna durante la gravidanza e l’allattamento sullo sviluppo neurocognitivo dei bambini. La connessione è senza dubbio presente, ma i dubbi sull’importanza del consumo di un particolare cibo da parte della madre non sono ancora del tutto chiariti, come si nota per esempio nel caso degli acidi grassi polinsaturi, i noti omega3. Diversi studi, tra i quali anche una revisione Cochrane della letteratura pubblicata nel 2015, hanno dimostrato che l’assunzione di omega3 da parte della madre durante l’allattamento migliora nei bambini lo sviluppo dei sistemi di attenzione, ma ha esiti incerti su altre componenti dello sviluppo cognitivo. Anche le proteine sono importanti per il corretto neurosviluppo, ma non serve esagerare: una ricerca recentemente pubblicata sul British Journal of Nutrition spiega come nutrire i bimbi con latte artificiale che contenga una dose di proteine simile a quella del latte materno (più bassa rispetto alle raccomandazioni di alcuni anni fa) non crei problemi allo sviluppo cognitivo dei più piccoli.

le scelte alimentari dei genitori influenzano lo sviluppo neurocognitivo dei bambini

Pochi ma molto importanti

Dal punto di vista biologico è certo che carenze o problemi nutrizionali durante la gestazione e nei mesi immediatamente successivi alla nascita creano problemi importanti al bambino, influenzando negativamente la proliferazione e la differenziazione delle cellule cerebrali, la formazione di sinapsi, di collegamenti tra i neuroni e della mielina, tutti processi che, a conti fatti, portano a un ritardo cognitivo. E tra i nutrienti considerati particolarmente importanti in questo senso ci sono i micronutrienti, necessari per l’organismo anche se in dosi molto piccole. Il ferro è uno dei micronutrienti più importanti per un corretto neurosviluppo: una carenza di ferro nelle prime fasi di vita si traduce in un peggiore sviluppo mentale e psicomotorio, e in problemi nella formazione delle strutture cerebrali necessarie per la trasmissione corretta degli impulsi.

Ma il ferro non è l’unico; di seguito altri micronutrienti importanti per il cervello.

La carenza di iodio rappresenta una delle principali cause evitabili di ritardo mentale a livello globale, il calcio è fondamentale per garantire la trasmissione dei segnali tra i neuroni, lo zinco ha un ruolo di primo piano nella crescita e nella differenziazione delle cellule e il rame contribuisce allo sviluppo e al mantenimento della mielina. Infine ci sono le vitamine: i retinoidi (collegati alla vitamina A) sono implicati nell’apprendimento e nella memoria, la vitamina C nella densità e nella maturazione dei neuroni, la D nell’espressione di geni che determinano la crescita di cervello e cervelletto. Curare l’alimentazione fin da piccoli è fondamentale perché una dieta completa ed equilibrata nel primo anno di vita si associa a migliori performance cognitive a lungo termine, visibili anche fino all’adolescenza.

Fonti:
1. Escribano J, et al. Br J Nutr. 2016 Jan 22:1-9.
2. Delgado-Noguera MF, et al. Cochrane Database Syst Rev. 2015 Jul 14;(7):CD007901.
3. Catena A, et al. Am J Clin Nutr 2016;103:115–27.
4. González HF, et al. Arch Argent Pediatr 2016;114(6):570-575.
5. Nyaradi A, et al. Front Nutr. 2015 Feb 11;2:2.

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