Non è così semplice tenere sotto controllo le proporzioni di zuccheri, grassi e proteine che si portano in tavola e lo è tanto meno quando gli anni passano e subentrano una serie di cambiamenti fisici, sociali ed economici che possono influenzare anche le scelte alimentari. Se ne è parlato anche nel corso del convegno internazionale “Dietary needs for healthy and frail older people” (“Bisogni nutrizionali per gli anziani sani e fragili”), uno dei numerosi incontri di esperti durante l’Expo milanese del 2015.
Dal convegno è emerso chiaramente il cambiamento della composizione della popolazione nel corso degli ultimi decenni, verso un mondo sempre più “vecchio” e con esigenze nutrizionali specifiche. “La corretta alimentazione nell’anziano è fondamentale per ridurre problemi di salute come il diabete e l’ipertensione” spiegano gli esperti che poi aggiungono: “Non possiamo però dimenticare che sempre più studi dimostrano come con l’età cambino anche i gusti e le abitudini alimentari”. In particolare con il passare degli anni si assiste a un innalzamento delle soglie del gusto: in altre parole, un cibo che da adulti viene considerato dolce, da anziani non è più considerato tale. Questo dato però da solo non basta a spiegare il fatto che tra gli anziani aumenta soprattutto il consumo di cibi dolci, mentre l’assunzione di quelli salati e amari diminuisce. Intervengono nelle scelte anche la convenienza economica (un piatto di pasta costa meno di un trancio di pesce) e i cambiamenti fisiologici dell’invecchiamento che rendono possibile consumare solo i cibi più morbidi (come i dolci).
“Il cervello ha bisogno di zucchero”. Questo slogan di qualche tempo fa è corretto dal punto di vista biologico poiché le cellule cerebrali hanno bisogno di tanta energia per poter funzionare ai loro ritmi elevati. Ma se si esagera con gli zuccheri a tavola si rischia di ottenere l’effetto contrario e di andare incontro a una serie di patologie degenerative del sistema nervoso e di demenze che sono decisamente comuni tra gli anziani.
E a quanto pare sono proprio gli zuccheri ad avere un ruolo determinante nel definire il rischio di andare incontro ad alcune forme di demenza come il cosiddetto declino cognitivo lieve. È quanto emerge da uno studio pubblicato sulla rivista Journal of Alzheimers Diseases condotto su un gruppo di persone di età media pari a 79,5 anni. “Sappiamo che una dieta troppo ricca di calorie è associata a un aumento del rischio di declino cognitivo” spiega l’autrice che poi aggiunge: “Il nostro studio suggerisce che una dieta nella quale la maggior parte delle calorie deriva da carboidrati (zuccheri) potrebbe favorire lo sviluppo di declino cognitivo”. I meccanismi? Molti quelli possibili – dall’aumento dello stress ossidativo ai picchi di glicemia legati all’eccesso di zucchero – ma ancora da verificare in studi ad hoc.
Che legame c’è tra lo zucchero e la malattia di Alzheimer, una delle demenze più comuni nella popolazione anziana che vive nel mondo occidentale? Fino a qualche tempo fa questa domanda non avrebbe trovato risposte specifiche, ma a partire dall’inizio del nuovo millennio si sono moltiplicati gli studi che parlano dell’Alzheimer come di una malattia del metabolismo e non strettamente e unicamente neurologica. In effetti, come si sottolinea in una recente analisi pubblicata sulla rivista European Neuropsychopharmacology, la malattia di Alzheimer è mediata da una serie di problemi ai quali il cervello va incontro nella risposta all’insulina, nell’utilizzo dello zucchero e nel metabolismo energetico.
Tutto questo porta a un aumento dello stress ossidativo, dell’infiammazione e a un peggioramento della resistenza all’insulina, proprio come accade nel diabete, in particolare quello di tipo 2, più legato all’alimentazione non corretta. Inoltre, ricerche recenti hanno messo in luce che questi squilibri metabolici contribuiscono a creare le anomalie molecolari, strutturali e biochimiche tipiche dell’Alzheimer. Alla luce di tutte queste somiglianze, il legame tra zucchero e demenza appare un po’ più chiaro e non è il caso quindi di stupirsi se si sente parlare di “diabete di tipo 3” per indicare la demenza di Alzheimer.
Fonti: 1. La Stampa 2015. Gli anziani mangiano male? Sono soli e il senso del gusto è cambiato. 2. Roberts RO, et al. J Alzheimers Dis. 2012;32(2):329-39 . 3. de la Monte SM. Eur Neuropsychopharmacol. 2014;24(12):1954-60.