Il punto d’incontro tra questi due aspetti apparentemente lontani è il microbiota intestinale. E proprio su questo aspetto si concentrano gli studi futuri, visto che l’alimentazione può influire sulla composizione della flora batterica e quindi (almeno questa è la speranza) agire anche sui risultati dell’immunoterapia antitumorale.
La ricerca recentemente pubblicata su Science è stata condotta da un team che ha visto impegnati esperti del National Cancer Institute (NCI) e dell’MD Anderson Cancer Center dell’Università del Texas, considerando sia pazienti in carne ed ossa che modelli sperimentali della malattia. Ne è emerso che il consumo di almeno 20 grammi di fibre al giorno, a parità di trattamento immunoterapico, appare associato ad una sopravvivenza più lunga senza progressione di malattia nei soggetti con melanoma in fase avanzata. I pazienti erano sottoposti a terapia con bloccanti del checkpoint immunitario. L’ipotesi di lavoro che ne emerge è che consumando una dieta ricca di fibre, come frutta, verdura e legumi, si potrebbe migliorare la tua capacità di rispondere all’immunoterapia.
Questo approccio viene oggi considerato come la quarta via oltre a chirurgia, chemioterapie e radioterapia. In pratica diventa un trattamento attraverso cui il corpo impara a difendersi dal tumore. I farmaci che agiscono come bloccanti del checkpoint immunitario aiutano a ripristinare la capacità naturale del sistema immunitario di riconoscere e uccidere le cellule tumorali e recentemente si è visto che la composizione del microbiota può influire sulla risposta del singolo paziente all’immunoterapia. Lo studio ha preso in esame poco meno di 130 pazienti ed ha appunto dimostrato l’effetto positivo dell’assunzione di almeno 20 grammi di fibre alimentari ogni giorno, rilevando anche che in caso di aumento quotidiano ulteriore di 5 grammi di fibre il rischio di veder progredire la malattia calava ulteriormente in maniera significativa.
Secondo gli esperti americani, che hanno eseguito studi sperimentali anche su animali di laboratorio, l’ipotesi è che l’incremento di specifiche popolazioni di batteri, come ad esempio quelli della famiglia delle Ruminococcacee, possa influire positivamente in chiave di controllo della progressione tumorale durante la terapia. Si è visto infatti che nei pazienti in cui il tumore ha risposto all’immunoterapia era presente una quota maggiore di batteri di questo tipo nel microbiota intestinale rispetto a quelli che non hanno risposto alla terapia. Sicuramente occorre ulteriori studi sul tema, ma l’approfondimento di science aiuta a capire quanto e come un’alimentazione sana e ricca di fibre potrebbe favorire una miglior risposta, almeno nelle persone con questa forma di tumore.