Ci sono le eccezioni, va sempre ricordato. Ma in genere chi è più saggio, in seguito anche di una maggior soddisfazione nella vita, tende anche ad essere maggiormente inserito nell’ambito sociale e culturale, quindi soffre meno di solitudine.
Così segnalano le più recenti valutazioni della psiche e del cervello.
Quello che però stupisce è che anche la composizione del microbiota intestinale sarebbe associata (quindi senza un rapporto causa effetto dimostrato diretto) anche a questa tendenza. Eppure un nesso ci sarebbe, stando almeno a quanto riportano gli esperti dell’Università della California di San Diego in un interessante articolo scientifico apparso su Frontiers in Psichiatry.
Stando allo studio, infatti, la varietà nella composizione del microbiota sarebbe una chiave di comprensione anche per comprendere cosa accade sul fronte emotivo cerebrale, in una comunicazione a due vie che correla queste due strutture dell’organismo. L’indagine ha preso il via dall’osservazione di altre ricerche che mostrano come la struttura del microbiota possa associarsi anche alla tendenza delle persone ad aprirsi agli altri ed avere reti sociali più ampie. Quando più la popolazione batterica intestinale è diversificata, tanto maggiori sarebbero appunto le connessioni con gli altri.
Lo studio ha preso in esame poco meno di 200 persone in età adulta-anziana, con una doppia valutazione: attraverso test specifici si sono valutate le tendenze alla solitudine, all’empatia e il rapporto con gli altri, e con un esame delle feci si è invece analizzato al microbiota, sia sul fronte dell’ecosistema in generale sia per quanto riguarda le differenze nella composizione. Poi i due aspetti sono stati correlati tra loro.
Dalla ricerca emerge che livelli più bassi di solitudine e più alti di saggezza ed empatia con gli altri erano associati ad un microbiota più ricco e vario. Anche se non si sa quali siano le possibili correlazioni tra queste situazioni, si possono fare ipotesi affascinanti. Ad esempio si sa che un microbiota poco vario tende a correlarsi non solo con condizioni fisiche meno salutari, per l’infiammazione e il maggior rischio di problemi metabolici, ma anche a disturbi di tipo depressivo.
Inoltre non va sottovalutato l’influsso dei batteri intestinali sulla possibile azione di patogeni che giungono dall’esterno e possono peggiorare il benessere psicofisico. Si tratta, sia chiaro solo di ipotesi. Ma appare evidente che l’azione del microbiota sulla risposta soggettiva allo stress potrebbe essere uno dei possibili meccanismi che aiutano a capire questa curiosa relazione. La ricerca è solo agli inizi e non si possono trarre conclusioni ma l’attenzione sul ruolo dell’asse “intestino-cervello” appare massima sul fronte della scienza.