Oggi uno studio pubblicato su PloS Medicine prova a dare una risposta a questa domanda, andando a valutare non tanto i consumi autoriferiti, parametro potenzialmente fallace, ma piuttosto i livelli di acidi grassi nel sangue. Il responso pare essere assolutorio nei confronti dei latticini visto che chi aveva un’assunzione maggiore di grassi da latte – misurata dai livelli di acidi grassi nel sangue – aveva un rischio inferiore di malattie cardiovascolari rispetto a quelli con assunzioni basse. Non solo: assunzioni più elevate di grassi da latte non sono state associate a un aumento del rischio di morte.
Lo studio è stato coordinato da Kathy Trieu e Matti Marklund della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health e dell’Università di Uppsala. Sono stati presi in esame i dati relativi ad oltre 4000 persone in Svezia, integrandoli con quelli relativi ad una quindicina di altri studi sul tema, arrivando quindi a creare una banca dati unica in termini quantitativa sui rapporti tra consumo di lipidi presenti nel latte e derivati con il rischio di patologie cardiovascolari e decesso. L’analisi, come detto, si è concentrata sulla misurazione dei valori nel sangue di alcuni acidi grassi, capaci di fornire un quadro oggettivo dell’assunzione di lipidi provenienti da latticini e formaggi. Ed ha portato a vedere che chi aveva i livelli più alti in realtà aveva il rischio più basso di malattie cardiovascolari al momento di tratta solo di una relazione osservata, ma occorrono ulteriori studi, a detta di Marklund, per poter rivelare un preciso rapporto causa-effetto. I soggetti studiati sono stati seguiti con un monitoraggio medio di circa 16 anni, valutando l’insorgenza di infarti, ictus ed altri eventi legati all’apparato circolatorio. Poi si è proceduto ad un “aggiustamento” statistico dei dati in base alla presenza di altri fattori di rischio, come l’età, le condizioni socio-economiche, le abitudini alimentari, la presenza di altre patologie. Ne è emerso che il rischio cardiovascolare è risultato inferiore in chi aveva alti livelli di acidi grassi nel sangue. La combinazione di questi risultati con altri 17 studi che hanno coinvolto un totale di quasi 43.000 persone provenienti da Usa, Danimarca e Regno Unito ha confermato questi risultati in altre popolazioni.
Stando agli esperti, ci sono prove crescenti che l’impatto sulla salute dei latticini può essere più dipendente dal tipo – come formaggio, yogurt, latte e burro – piuttosto che dal contenuto di grassi, il che ha sollevato dubbi sul fatto che l’evitare i grassi del latte in generale sia vantaggioso. per la salute cardiovascolare.
“C’è ormai evidenza che non tutti i grassi saturi si comportino allo stesso modo. Molti acidi grassi saturi a corta catena sono inerti, altri saturi a più lunga catena come il palmitico, il laurico e il miristico sono particolarmente capaci di aumentare la colesterolemia, altri, a catena dispari, presenti nel latte dei ruminanti, sembrano particolarmente protettivi.
La raccomandazione di contenere il più possibile i grassi saturi nella dieta è quindi piuttosto generica, ma una raccomandazione diversa comporterebbe approfondimenti molto specifici e, forse, troppa confusione nel consumatore”
Commento del dr. Andrea Ghiselli, membro del Board Scientifico della Fondazione Danone.