Per calcolare il rischio di andare incontro a un evento cardiovascolare maggiore non è sufficiente analizzare un solo fattore di rischio, per esempio l’ipertensione o il livello di colesterolo, ma occorre prenderli in considerazione tutti insieme. E una volta misurati questi fattori, non basta fare la somma dei singoli rischi per avere quello globale. Come ricordano infatti gli esperti del Progetto Cuore dell’Istituto Superiore di Sanità, il “rischio cardiovascolare globale assoluto” si calcola attraverso specifiche funzioni matematiche legate alle caratteristiche di una certa popolazione e che di conseguenza possono variare a seconda del gruppo di individui analizzato.
“Tutte queste componenti cambiano da popolazione a popolazione, in particolare se si confrontano popolazioni che vivono culture molto diverse fra loro, ma anche nel confronto di coorti generazionali diverse” si legge sul sito del progetto. Dal punto di vista pratico, le funzioni matematiche sopra citate hanno permesso di sviluppare due strumenti che il medico ha a disposizione per stimare il rischio cardiovascolare del proprio paziente: le carte del rischio e il punteggio individuale di rischio, entrambi descritti in dettaglio sul sito www.cuore.iss.it.
Carte del rischio e punteggio individuale, seppur utilizzati sullo stesso paziente, possono dare risultati differenti poiché si basano su parametri e calcoli diversi. In particolare le carte del rischio sono valide per persone di età compresa tra 40 e 69 anni e stimano la probabilità di andare incontro a un primo evento cardiovascolare maggiore (infarto del miocardio o ictus) nei 10 anni successivi sulla base di sei fattori di rischio (sesso, diabete, abitudine al fumo, età, pressione arteriosa sistolica e colesterolemia). Il rischio individuale viene invece stimato per persone tra i 35 e i 69 anni e prende in considerazione otto fattori di rischio: sesso, età, diabete, abitudine al fumo, pressione arteriosa sistolica, colesterolemia totale, HDL-colesterolemia e trattamento anti-ipertensivo.
Una volta stimato il rischio per il paziente, il medico potrà mettere in campo le strategie più adatte per ridurlo se necessario o per evitare che aumenti con il passare del tempo.
Quelli appena descritti sono solo due dei numerosi strumenti per il calcolo del rischio cardiovascolare che le società scientifiche mettono a disposizione dei medici.
Sul sito della Fondazione Italiana Cuore e Circolazione è possibile trovare invece un test rivolto ai pazienti per calcolare l’età del proprio cuore, che non necessariamente corrisponde all’età anagrafica, quella riportata sulla carta di identità. Rispondendo a otto semplici domande – che riguardano, nell’ordine: età, sesso, peso, altezza, abitudine al fumo, pressione sistolica (massima), presenza di diabete, presenza di malattie cardiovascolari – si ottiene una stima del proprio rischio cardiovascolare nei prossimi 10 anni e anche un valore che indica l’età biologica del cuore. Attenzione però al fai-da-te una volta ottenuto il risultato. “Il test presenta risultati orientativi. Ricordatevi di consultare sempre il vostro medico” raccomandano gli esperti della Fondazione.
Fonti:
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