73% in meno del rischio di malattia grave con un’alimentazione particolarmente ricca in frutta e verdura. E 59% di diminuzione dello stesso rischio se si consuma frequentemente pesce.
Non ci sono dubbi che una sana alimentazione possa aiutare l’organismo a stare meglio, sulle linee della dieta mediterranea. Ma ora una ricerca internazionale (sei le nazioni coinvolte, Italia compresa) pubblicata su BMJ Nutrition Prevention & Health indica queste percentuali di abbassamento dei rischi di sviluppare Covid-19 in forma grave, rispetto a chi invece ha un’alimentazione meno attenta.
Lo studio, che è solo osservazionale e va quindi considerato con grande attenzione perché non permette di trarre conclusioni certe, è stato condotto su quasi 3000 operatori sanitari particolarmente esposti all’infezione da virus Sars-CoV-2 in Francia, Germania, Italia, Spagna, Regno Unito e USA.
Il modello di ricerca si è sviluppato attraverso un sondaggio in rete, che ha indagato i modelli alimentari dei partecipanti, partendo da un questionario sulla frequenza alimentare di 47 elementi, nel corso dell’anno precedente e sulla gravità di eventuali infezioni da Covid-19 sviluppate.
Le varie diete sono state combinate in base vegetale (più alta in verdure, legumi e noci, e più bassa in pollame e carni rosse e lavorate), pescetariana/a base vegetale (come sopra, ma con l’aggiunta di pesce/frutti di mare) e diete a basso contenuto di carboidrati e ad alto contenuto proteico. Poco meno di 600 persone hanno avuto un tampone positivo per Covid-19. Tra i 568 casi, 138 medici hanno affermato di aver avuto un’infezione da Covid-19 da moderata a grave; i restanti 430 hanno affermato di aver avuto un’infezione da Covid-19 da molto lieve a lieve.
Dopo aver preso in considerazione diverse variabili potenzialmente influenti, tra cui età, etnia, specialità medica e stile di vita (fumo, attività fisica), gli intervistati che hanno affermato di aver seguito diete a base vegetale o diete a base vegetale/pescatariana avevano rispettivamente il 73% e il 59% di probabilità inferiore di infezione da Covid-19 da moderata a grave, rispetto a coloro che non avevano questi schemi dietetici. E rispetto a coloro che hanno affermato di seguire una dieta a base vegetale, coloro che hanno affermato di aver seguito una dieta a basso contenuto di carboidrati e proteine avevano quasi quattro volte in più il rischio di malattia da moderata a grave.
Ovviamente le associazioni sono state confermate anche considerando il BMI, cioè l’indice di massa corporea (i rischi di infezioni gravi sono maggiori in chi è sovrappeso o obeso) ed eventuali patologie presenti. Le ipotesi per spiegare questa associazione sono diverse: si sa che i vegetali contengono composti come i polifenoli o i carotenoidi, oltre a vitamine e minerali, che possono aiutare a far lavorare al meglio il sistema immunitario. E si sa anche che il pesce può offrire al corpo acidi grassi omega-3 ad azione antinfiammatoria, così come la vitamina D.
La maggiore gravità della malattia è determinata dalla maggiore o minore risposta infiammatoria all’infezione. Quella che viene chiamata tempesta citochinica è quella abnorme reazione del soggetto in maniera aspecifica che cerca di bombardare il virus, ma finisce per fare danni enormi al soggetto.
Diete ricche di prodotti di origine animale, di saturi, di zucchero ma anche semplicemente solo di calorie che si traduce spesso in eccedenza ponderale, ipertensione e diabete, aumentano la componente infiammatoria, mentre diete ricche di alimenti a base vegetale, nobilitate da piccole presenze di latticini e pesce, al contrario, tengono più basse le reazioni infiammatorie. Probabilmente non perché apportino “qualcosa”, visto che tutti i tentativi di somministrare quel “qualcosa” non hanno prodotto risultato, quanto perché aiutano (insieme all’attività fisica) al contenimento dell’apporto energetico e quindi al peso corporeo, poiché si tratta di alimenti con elevata densità nutrizionale e bassa densità calorica.
Commento dr. Andrea Ghiselli, Membro di Fondazione Istituto Danone