A testimoniarlo c’è una ricerca apparsa su General Psychiatry, che contribuisce ad aggiungere un ulteriore tassello al mosaico delle conoscenze sulla “gut-brain axis”, l’asse intestino-cervello.
Si sa che la composizione del microbiota può risultare associata ad un particolare profilo di rischio, più o meno elevato, di sviluppare ansie, depressione o patologie legate allo stress come quelle cardiovascolari. Oggi sappiamo che l’asse intestino-cervello ha la maestosità di un’autostrada e sostiene una comunicazione bidirezionale: non solo tutto ciò che si manifesta a livello del sistema nervoso centrale (ad esempio stress, sintomi ansiosi e vissuti depressivi) può avere conseguenze sul normale funzionamento dell’intestino, ma anche lo stesso equilibrio del sistema nervoso centrale può essere influenzato dalla funzionalità dell’intestino, sana o patologica che sia.
Il sistema nervoso autonomo intestinale e quello centrale forniscono un contributo significativo e anzi, se le modalità di controllo da parte del sistema nervoso centrale sull’intestino si attenuano, può entrare in gioco una forma di controllo di tipo viscerale, ma in grado di modulare alternativamente a sua volta l’attività intestinale. Il continuo scambio di informazioni tra le parti viene attuato grazie a una fitta rete di mediatori di origini anche diverse (tipici del sistema nervoso, immunitario o endocrino), che agendo da messaggeri rendono possibile la comunicazione anche sulle lunghe distanze. La serotonina, per esempio, è una molecola nota per il suo ruolo nel Sistema Nervoso Centrale, ma evidenze scientifiche dimostrano anche che oltre il 95% della serotonina viene prodotta a livello intestinale, in particolare a livello delle cellule enterocromaffini localizzate lungo la mucosa intestinale.
Ovviamente, in un percorso tanto complesso di cui abbiamo offerto solo alcuni passaggi, il microbiota rappresenta una sorta di “punto di riferimento” che contribuisce a regolare il flusso nelle due direzioni, influendo pesantemente sul benesere psicologico.
Lo studio che ha coinvolto una quarantina di monaci buddisti tibetani ha messo a confronto il loro microbiota con quello di una popolazione di soggetti che vivevano vicini ai monasteri coinvolti. E conferma come la meditazione profonda possa influire sul benessere del microbiota: ovviamente nessuno dei partecipanti aveva utilizzato agenti che possono alterare il volume e la diversità dei microbi intestinali, come antibiotici, pre o probiotici. Le specie Bacteroidetes e Firmicutes sono apparse dominanti, ma i Bacteroidetes erano significativamente arricchiti nei campioni di feci dei monaci (29% contro 4%), che contenevano anche un’abbondante Prevotella (42% contro 6%) e un alto volume di Megamonas e Faecalibacterium.
Da questa verifica la possibile osservazione di un ruolo di alcuni batteri nel benessere psicologico: è il caso, in chiave positiva, di Prevotella, Bacteroidetes, Megamonas e Faecalibacterium.