La sana alimentazione agisce sul microbiota e migliora le prestazioni cerebrali

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Ne abbiamo tutti una chiara percezione. Quando ci nutriamo correttamente, seguendo le regole dell’alimentazione mediterranea e dando ampio spazio ai vegetali e agli alimenti integrali, oltre che alla frutta a guscio, ci sentiamo meglio. E si attiva in modo più efficace anche la variabilità del microbiota intestinale, la popolazione dei batteri che, quando è in equilibrio, ci consente di migliorare il benessere psicofisico.

In questo senso, pare proprio che la composizione dei batteri intestinali possa influire anche sulle prestazioni intellettive, dalla soglia di attenzione fino alla memoria e alle capacità di autocontrollo nella mezza età. A segnalare questa possibilità è una ricerca condotta su poco meno di 600 adulti dagli esperti dell’Università della Carolina del Nord, pubblicata su JAMA Network Open.

Il valore della diversità

Lo studio, andando ad analizzare in termini generali il microbiota attraverso esami delle feci, dimostra chiaramente che la variabilità batterica diventa un fattore chiave non solo per il benessere dell’organismo, ma anche per l’attività cerebrale. Probabilmente, almeno stando a quanto riportano gli studi scientifici, la composizione del microbiota influisce sui meccanismi dell’infiammazione, con conseguente rischio per il normale benessere cerebrale. Quali le caratteristiche del microbiota che si è correlato con migliori prestazioni cerebrali? In termini generali, i test per il benessere del sistema nervoso si sono correlati con la presenza di ceppi batterici del tipo Barnesiella, Lachnospiracee e Sutterella. Ovviamente si tratta solamente di osservazioni, che comunque appaiono importanti in chiave di conoscenza.

Certo è che la diversità batterica appare un elemento chiave anche per l’ottimale funzionamento dei meccanismi cerebrali. Ciò che conta è ricordare come l’alimentazione possa influire sul sistema nervoso e sul suo benessere. Si sa infatti che esiste il cosiddetto “gut-brain axis” cioè l’impatto che una composizione non ottimale del microbiota intestinale (ognuno di noi “ospita” nel proprio intestino diverse centinaia di specie batteriche, per un totale di migliaia di miliardi di cellule batteriche) ha sul sistema nervoso. Ci sono studi che rivelano come la componente batterica intestinale possa influire su questo fattore: si va da un impatto sull’umore fino a possibili impatti sulle malattie neurodegenerative, anche se la ricerca è solo all’inizio.

I rapporti si spiegano con la “permeabilità” che l’intestino possiede nei confronti di alcuni composti del metabolismo batterico. Nel bene e nel male alcune sostanze prodotte dai batteri escono dall’intestino e si dirigono versi diversi organi del nostro corpo, tra cui il sistema nervoso e il cervello. Non è ancora chiaro “il linguaggio” usato da queste sostanze per “comunicare” con questo sistema ma appare oggi chiaro che si “parlano”, con la variabilità che diventa un fattore protettivo. E con l’alimentazione che diventa lo strumento ottimale per mantenere il benessere, anche per le reazioni cerebrali, l’attenzione e la memoria.

Che il microbiota, cioè l’insieme dei batteri che abitano nel nostro intestino formando il cosiddetto “organo negletto”, avesse un ruolo in una miriade di funzioni al di fuori di quelle tipicamente associate all’intestino stesso, è nozione ormai consolidata nel mondo scientifico.

Ma che queste “relazioni sentimentali” sia pure non pericolose riguardassero anche le funzioni cognitive in età adulta… questo lascia stupiti anche chi, come il sottoscritto, lavora sul microbiota intestinale da alcuni decenni.

Lo studio pubblicato dall’autorevole JAMA mette in correlazione la presenza di determinati gruppi batterici con i risultati di analisi delle capacità cognitive di quasi 600 soggetti, arruolati in uno studio di lungo termine con tutt’altro scopo (incidenza di malattie cardiovascolari)

Come risultato collaterale di questo studio ecco questa relazione fra microbiota e funzioni cognitive.

Un grande suggerimento per ulteriori ricerche.

Commento del Prof. Lorenzo Morelli, Presidente del Comitato Scientifico.

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