È uno dei quadri che più preoccupa, quello del long-Covid, con disturbi fisici e psichici che si mantengono per mesi dopo che l’infezione da virus Sars-CoV-2 è stata vinta. Ora una ricerca inglese, pubblicata su Gut e basata sui dati relativi ad oltre 100 pazienti con Covid ricoverati in ospedale in Gran Bretagna, alza il velo su una possibile associazione tra questa condizione che tende a cronicizzare e specifiche variazioni del microbiota, che -come si sa- entra in gioco anche nei meccanismi della risposta immunitaria.
Lo studio, che ha previsto un’analisi attenta della composizione della popolazione di batteri di questi pazienti attraverso un esame delle feci, confrontando quanto emerso con ciò che si osserva in soggetti che hanno superato l’infezione senza strascichi, pare confermare l’ipotesi. Anche a distanza di tempo, entro i sei mesi dalla dimissione, si mantengono variazioni nella composizione del microbiota che in qualche modo potrebbe entrare in gioco nelle dinamiche che tendono a prolungare l’impatto clinico dell’infezione a carico di diversi organi, dal sistema nervoso centrale fino all’apparato gastrointestinale e alle vie respiratorie. In particolare, si è visto che alcuni ceppi implicati nella potenziale risposta immunitaria dell’organismo come il Bifidobacterium pseudocatenulatum o la Roseburia hominis erano rappresentati in quota inferiore nei soggetti con Long-Covid nei mesi successivi all’infezione rispetto a quanto osservato nei soggetti che non avevano avuto strascichi. Al contrario, alcuni ceppi di Streptococcus (anginosus, vestibularis e gordonii) potenzialmente associabili a quadri di sofferenze delle vie respiratorie erano più presenti nei soggetti con Long-Covid.
Non è la prima volta che si osservano situazione di questo tipo. Sempre su Gut, qualche tempo fa, è apparso uno studio condotto da esperti dell’Università Cinese di Hong Kong, che correlava la composizione del microbiota con la gravità del quadro acuto da Covid-19. La ricerca ha mostrato una globale diversità nella composizione della flora tra pazienti con Covid-19 e soggetti di controllo. In chi ha sviluppato l’infezione da Sars-CoV-2 si é visto un eccesso di ceppi di Ruminococcus gnavus, Ruminococcus torques e Bacteroides dorei, in confronto ai sani, con un calo di batteri ad azione protettiva nei confronti delle infezioni, come il Bifidobacterium adolescentis o il Faecalibacterium prausnitzii.