In tutto il mondo, anche nei Paesi a medio e basso reddito, si sta diffondendo questa tipologia alimentare che può influire non solo sulla salute dell’uomo, ma anche sul benessere del pianeta. A metterci in guardia è un’analisi messa a punto da un pool di ricercatori di origine diversa, dagli USA fino al Brasile passando per l’Australia, pubblicato su BMJ Global Health.
La scienza segnala spesso che stiamo andando verso abitudini alimentari che possono influire negativamente sul benessere delle persone. Ma il punto di vista che solleva la rivista è diverso e punta l’indice sui danni ambientali che scelte alimentari non esattamente salutari possono creare sui nostri luoghi di vita. In particolare l’attenzione è puntata sui modelli di globalizzazione, che portano sia nei Paesi più ricchi che in quelli in via di sviluppo ad un’uniformazione dei costumi a tavola, con un incremento di alimenti molto lavorati o prepreparati, che magari richiedono l’impiego di specifici composti ad azione emulsionante o colorante. Sono eccessi da evitare. Infatti tutto questo porta ad una perdita delle molteplicità culturali e ad una sorta di “unificazione” dei consumi ed ovviamente delle richieste all’ambiente, con un impatto sull’agrobiodiversità, la varietà e la variabilità di animali, piante e microrganismi utilizzati direttamente o indirettamente per l’alimentazione e l’agricoltura.
Gli esperti tendono quindi a ricordare come alla diminuzione della biodiversità ambientale si sovrapponga un influsso negativo sulla diversità genetica delle piante utilizzate per il consumo umano. Per capire la situazione, basta riportare qualche osservazione che emerge dall’indagine. Più di 7.000 specie di piante commestibili sono utilizzate per il cibo umano, ma meno di 200 specie hanno avuto una produzione significativa nel 2014 e solo nove colture hanno rappresentato oltre il 66% in peso di tutta la produzione agricola. Ancora. Se si passa ad esaminare quanto offrono questi alimenti in termini di energia, si vede che ben il 90% dell’apporto energetico dell’umanità proviene da sole 15 piante coltivate e più di quattro miliardi di persone dipendono solo da tre di esse: riso, grano e mais.
L’allarme degli esperti si lega proprio a questo aspetto: se declina la diversità biologica nei sistemi alimentari si possono avere difficoltà e soprattutto, nel tempo, si crea una sorta di ostacolo alla diffusione di modelli alimentari sostenibili nel tempo. Per la nostra salute e quella del pianeta, visto che quando si producono alimenti molto lavorati si tende ad utilizzare poche specie vegetali ad alto rendimento. Non solo: l’eccessiva produzione alimentare ultra-elaborata richiede grandi quantità di terra, acqua, energia e composti che consentono di “sfruttare” al meglio il terreno, contribuendo anche all’emissione di gas che possono facilitare il riscaldamento globale.