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Allergia o intolleranza? Secondo le più recenti definizioni della nomenclatura EAACI (European academy of allergology and Clinical Immunology) il termine ipersensibilità va impiegato per descrivere sintomi riproducibili generati dall'esposizione a uno stimolo e ad una dose generalmente tollerata dalle persone normali.

L’allergia è invece una reazione caratterizzata da un particolare meccanismo immunologico. Per parlare di allergia alimentare occorre quindi il coinvolgimento nella reazione di un meccanismo immunologico. Se nella reazione si producono anticorpi IgE si parla di allergia alimentare IgE-mediata, mentre le altre reazioni vengono definite reazioni di ipersensibilità non-allergica agli alimenti. Circa una persona su cinque soffre comunque di sintomi legati all’assunzione di cibo.

Come si determinano le intolleranze alimentari?

Le intolleranze possono essere dovute a reazioni enzimatiche, farmacologiche o indefinite, per esempio da additivi. Le prime sono legate a difetti congeniti del metabolismo degli enzimi dell’apparato digerente, come avviene ad esempio per l’intolleranza al lattosio. Le intolleranze farmacologiche sono invece legate ad una reazione abnorme verso alcune sostanze dotate di attività farmacologica presenti negli alimenti, come l’istamina o la tiramina. Infine le reazioni indefinite sono quasi sempre riconducibili a reazioni avverse agli additivi alimentari (compresi i coloranti, gli antiossidanti potenzialmente presenti in vino e succhi di frutta, i conservanti e i dolcificanti) presenti non solo nei cibi ma anche nei farmaci e nei cosmetici.

Quando si parla di allergia alimentare?

Le vere e proprie reazioni allergiche sono per la maggior parte reazioni di ipersensibilità di tipo 1, caratterizzate dalla presenza di anticorpi della classe delle IgE sulle mucose delle vie respiratorie e del tratto gastrointestinale. Per questo si parla di reazioni IgE-mediate. La cascata di eventi che si verificano e la conseguente risposta infiammatoria possono condurre a una reazione immediata, che si verifica dopo pochi minuti dall’assunzione dell’alimento, e ad una reazione ritardata che invece si sviluppa dopo 8-12 ore. Le reazioni di ipersensibilità di tipo II e III sono invece mediate da altre immunoglobuline, le IgG, che si legano a particolari recettori presenti sulle cellule dei fagociti e di particolari linfociti (globuli bianchi) chiamati Natural Killer o NK.

Allergia e intolleranza: incidenza, sviluppo e diagnosi

Qual è la reale incidenza dell’intolleranza e dell’allergia alimentare nei bambini e negli adulti?

I dati sono ad oggi molto eterogenei ed imprecisi. Secondo alcune statistiche la prevalenze degli intolleranti agli additivi alimentari varia dallo 0,03% al 5% della popolazione generale. Le vere e proprie allergie alimentari, ovvero i quadri per i quali è stato dimostrato un meccanismo immunologico, interessano invece lo 0,5-1% della popolazione generale pur se si rischia di sovrastimare e sottostimare la reale prevalenza dei quadri patologici per il difficile inquadramento diagnostico di queste forme. Va comunque ricordato che l’incidenza nei bambini più piccoli appare maggiormente elevata e che spesso con il passare del tempo è destinata a calare, tanto che secondo alcuni studi ben l’85% delle forme di allergia alimentare tende ad andare in remissione dopo i primi anni di vita.

L’allergia alimentare grave, ovvero l’anafilassi, è frequente?

La revisione delle principali ricerche disponibili porta a dire che l’incidenza dell’anafilassi di ogni gravità nei bambini sia di circa 10-15 casi ogni 100.000 bambini l’anno. Visto che gli alimenti rappresentano la causa più frequente di episodi gravi nell’infanzia, si può pensare che in questa fascia d’età l’incidenza raggiunga i 4-6 casi per 100.000 bambini l’anno. Per quanto riguarda gli alimenti più frequentemente chiamati in causa in Italia sono, in ordine di importanza: pesce, latte vaccino, frutta secca e uova.

Come si sviluppa un’allergia alimentare?

L’alimentazione e il sistema immunitario sono strettamente legati, perché la prima rappresenta una sorta di interazione tra l’individuo e l’ambiente. In particolare le molecole del “non-self”, cioè estranee al soggetto, vengono normalmente assimilate e metabolizzate, quindi trasformate in proteine carboidrati e lipidi del self. Questo passaggio viene assicurato dai normali meccanismi digestivi. Quando si assimila un alimento esiste il rischio di invasione del self da parte del non self. Quindi è fondamentale che quanto è invisibilmente “diverso” venga discriminato ed escluso, per non essere assimilato. Diversi meccanismi del sistema immunitario localizzati a livello intestinale consentono normalmente di assicurare questi due passaggi evitando assorbimenti non corretti di proteine potenzialmente in grado di determinare reazioni. Nella persone allergica si possono però verificare fenomeni patologici, sia di origine allergica che non.

Come si fa la diagnosi di allergie e intolleranze alimentari?

La storia clinica del soggetto, con particolare riferimento alla relazione tra il momento dell’ingestione del cibo, l’insorgenza dei sintomi e la loro natura, è fondamentale per un corretto approccio diagnostico. Per quanto riguarda i test diagnostici maggiormente utilizzati, si può fare riferimento all’elenco presente sul sito http://www.salute.gov.it/ che riporta sia i test convenzionali accettati dalla comunità scientifica internazionale sia quelli non convenzionali per la diagnosi di intolleranza, che non hanno mostrato sufficiente ripetitibilità, sensibilità e specificità. Tra i primi vanno ricordati i test cutanei, sia percutanei che intracutanei, impiegati nelle forme IgE-mediate, oltre agli esami che si effettuano per la diagnosi di forme allergiche non IgE-mediate, come ad esempio l’APT (Atopy Patch test) e la biopsia della mucosa intestinale, indicata soprattutto per la diagnosi di celiachia. Non invasive, ma comunque utili, sono anche le diete di eliminazione che consistono nell’eliminare per un determinato periodo gli alimenti che possono determinare allergia. In caso di miglioramento dei sintomi cutanei o gastroenterici si può poi reintrodurre gradualmente i diversi alimenti, fino a scoprire la cause scatenante dei disturbi.

Allergie alimentari nei bambini

Come si manifestano le allergie alimentari nei bambini?

Oggi le allergie intestinali in età pediatrica vengono classificate non solo sulla base del meccanismo immunologico che le determina (capita frequentemente che le forme IgE-mediate, pur essendo più frequenti in età pediatrica, possano specie nel primo anno di vita “confondersi” con forme non IgE-mediate), ma anche considerando l’apparato maggiormente coinvolto. Si possono quindi avere quadri clinici con prevalente interessamento gastrointestinale (sindrome orale allergica che si manifesta con prurito della bocca, angioedema delle labbra e della mucosa orale e a volte prurito auricolare o sensazione di ostruzione del faringe, ipersensibilità gastrointestinale immediata o più ritardata con quadri che ricordano quelli della colite, della proctite o anche con la cosiddetta enteropatia da alimenti). In questi casi possono manifestarsi anche coliche addominali, malattia da reflusso gastroesofageo e stitichezza. Per frequenza, il secondo apparato più coinvolto è quello cutaneo, con orticaria, angioedema, dermatite atopica o erpetiforme, con lesioni che ricordano quelle causate dall’infezione da Herpes Virus. Possono poi essere presenti quadri respiratori, temibili soprattutto in bambini asmatici, che pur non dipendendo frequentemente dall’allergia alimentare possono rivelarsi particolarmente gravi quando questa è presente. Infine esistono le reazioni più gravi, chiamate anafilassi, con interessamento non solo dell’apparato respiratorio ma anche di quello cardiovascolare. Spesso queste forme iniziano gradualmente, con prurito alla bocca, alle mani e ai piedi e possono anche evolvere in ipotensione e shock.

Esiste la possibilità di prevenire l’allergia alimentare nel bambino?

Prima di tutto occorre individuare i soggetti potenzialmente a maggior rischio perché hanno un genitore o fratelli atopici, cioè predisposti all’allergia. Questo consente di avere un approccio mirato su bambini che più frequentemente svilupperanno allergia. Per quanto riguarda la prevenzione primaria, che mira a ridurre la sensibilizzazione allergica nei confronti dell’allergene, oggi esistono due diverse strategie. Nella popolazione generale non va considerata alcuna dieta di esclusione per la madre sia durante la gravidanza o l’allattamento, con allattamento al seno esclusivo fino ai quattro mesi ma preferibilmente per i primi sei. Gli alimenti solidi vanno introdotti tra il quarto e il sesto mese di vita. Per i soggetti a elevato rischio di sviluppare allergie, non cambiano i consigli per quanto riguarda l’allattamento, ma in caso di supplementazione nei primi quattro mesi occorre impiegare latti a ridotta allergenicità. Anche in questo caso gli alimenti solidi non vanno inseriti nella dieta prima del quarto mese, e comunque meglio sarebbe se venissero inseriti tra il quarto e il sesto mese. La prevenzione secondaria mira invece a impedire la comparsa di sintomi e segni clinici dell’allergia dopo che la sensibilizzazione si è già verificata mentre la prevenzione terziaria, che punta ad evitare la progressione della malattia in chi è già sintomatico, si ottiene con l’allontanamento degli allergeni dalla dieta che rappresenta poi la principale terapia. Un passo fondamentale nel trattamento della patologia è infatti l’eliminazione dalla dieta degli alimenti contenenti gli allergeni che scatenano le crisi. La dieta è un atto medico, e come tale va prescritta dal pediatra..

Allergie alimentari negli adulti e orizzonti di ricerca

Nell’adulto, quali sono le manifestazioni più comuni delle allergie alimentari?

In termini generali vanno ricordate, oltre alle manifestazioni che possono interessare l’intero organismo e quindi più gravi, gli interessamenti respiratori, dermatologici e gastroenterici. Spesso le prime due condizioni si presentano entro poco tempo (massimo un’ora) dall’assunzione dell’alimento “incriminato” mentre le manifestazioni a carico dell’apparato digerente compaiono dopo 1-3 giorni o a volte anche dopo una settimana dall’assunzione del cibo contenente l’allergene. Per quanto riguarda i sintomi respiratori, sono più frequenti la rinite allergica e il broncospasmo, con rischio di crisi asmatiche. La cute può essere sede di orticaria, angioedema e comparsa di eruzioni costituite da macchioline simili a quelle del morbillo, mentre più lenti a manifestarsi sono la dermatite atopica e la dermatite da contatto. Infine il tratto gastrointestinale può essere interessato da rapida comparsa di anafilassi e sindrome allergica orale, mentre più lentamente compaiono problemi a carico dell’esofago e soprattutto dell’intestino, con dolore addominale, alterazioni del ritmo dell’alvo e vere e proprie infiammazioni (enteroclite, proctite). Questi quadri vanno ovviamente distinti da quelli determinati dall’intolleranza alimentare, ad esempio al lattosio. In entrambi i casi, tuttavia, la dieta di eliminazione rappresenta l’elemento cardine della terapia. Nell’adulto però è spesso difficile la completa adesione al trattamento dietetico, sia per le difficoltà di aderenza del paziente alle prescrizioni sia per la presenza di additivi “nascosti” presenti in alimenti potenzialmente “accettabili” secondo le indicazioni del medico. Per il controllo dei sintomi possono essere poi impiegati farmaci come gli antistaminici e i derivati del cortisone, oltre ad altri principi attivi come il disodiocromoglicato.

Quali sono gli orizzonti della ricerca in questo settore?

Si sta lavorando molto per comprendere le cause dell’incremento delle allergie. In questo senso la scienza sta oggi riverificando la cosiddetta ipotesi allergica, che collega l’aumento delle allergie con il calo delle malattie infettive osservato negli ultimi decenni. Secondo questa teoria la crescita della popolazione allergica sarebbe dovuta anche allo scarso “allenamento” dell’apparato difensivo del corpo. Infatti oggi si pensa che lo sviluppo del sistema immunitario possa avvenire attraverso due strade. La prima passa attraverso speciali globuli bianchi, i linfociti Th1, che vengono attivati soprattutto dal contatto con i batteri. La seconda invece passa attraverso i Th2, la cui attività viene stimolata dai parassiti come ad esempio la tenia o i vermi dei bambini. Negli ultimi tempi, grazie alla terapia antibiotica ed alle vaccinazioni, lo stimolo alla produzione di Th1 è calato. E questo ha portato ad uno sviluppo eccessivo dei Th2, che favorirebbe la produzione di IgE, le immunoglobuline implicate nell’allergia. Tra i settori di maggior interesse per la ricerca, particolarmente affascinanti appaiono le ricerche che hanno dimostrato una relazione tra microflora intestinale e allergia. Si è visto infatti che i batteri normalmente presenti nell’intestino che non determinano patologie possono modulare la risposta del sistema immunitario. Il calo di questi germi, frequente nella popolazione dei paesi industrializzati, potrebbe portare ad un difetto dei meccanismi di regolazione e quindi ad una modificazione della risposta immunitaria nei confronti degli allergeni.

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